E così, a distanza di sette anni dal mio ultimo libro “Progetti in Mare Aperto”, torno a condividere con i miei lettori il percorso della mia vita di uomo e di poeta. E mi ritrovate proprio lì dove mi avevate lasciato: in mare aperto… luogo delle infinite rotte possibili, che racchiude isole e tesori, e pure pericoli e difficili tempeste.
Non sono stato un marinaio attento. Il mare imprevedibile mi ha condotto verso un maelstrom, pericoloso vortice. Ho perduto il mio oro. E ora vi racconto la storia di questo mio naufragio. Io orco, io reduce, da questa rotta sbagliata, senza più bastimenti di promesse d’amore.
Ho scritto questi diari come traccia dei miei sentimenti. Li ho scritti per me, come àncora e come vela, come mezzo per uscire dai gorghi, contro la corrente: registrazione delle forze del vento. Faro verso acque più sicure.
Il libro racconta questi ultimi sette anni, più che con poesie, con “stream”, correnti libere di pensieri, flussi di emozioni, scritte di getto. Ma anche con versi levigati, finemente levigati dal mare. E con alcuni disegni.
Questa è la versione digitale del mio libro, ricca di contenuti multimediali, con i testi letti e interpretati da me, liberamente accessibile in Internet. Vi invito a leggerla e ad ascoltarla. Perché sono convinto che la poesia e l’arte vivano intensamente in una comunità, più che in un cuore solo.
Navigare necesse est. Verso nuove stelle. Un abbraccio ai miei lettori: ultreya!
Noi ci svegliammo piangendo, ed era l'azzurro mattino:
Come ombre d'eroi veleggiavano:
De l'alba non ombre nei puri silenzii
De l'alba
Nei puri silenzii
Non ombre
De l'alba non ombre:
Piangendo: giurando noi fede all'azzurro
..........................................................................................
dei tuoi occhi ridenti
la luce conservo
in una stretta gabbia
dove arde e si consuma
e alimenta il mio amore.
Due spiriti neri nel vento di ottobre
Sui campi umidi di pioggia
Naufrago tra passeggeri sconosciuti
Spenta ogni percezione del mondo
Gli alti cipressi sulla collina
Sono dita di giganti nel sole vespertino
L'orizzonte urbano è inconsistente
In una notte viola e priva di stelle
Micropolveri fin dentro gli ovuli materni
Mia Itaca, questa nuova lettera dall’esilio
la rabbia della mia inutilità;
una sporcizia mi logora
demiurga
di smanie ipocondriache:
questo cibo di plastica,
l'inadatto
metabolismo del mio corpo,
l’inoculato orientamento
della civiltà
ad adattarsi, abbandonarsi
all’inerzia
di ogni nuovo risveglio,
con cipicchie secche
negli occhi.
Di là da questa nera cabina, priva di stelle,
Il mondo aborrisce la mia stupidità.
La realtà, dentro il cervello,
Corre come un criceto sulla ruota.
Una capsula vitaminica di morte alienante,
Con lo stomaco pieno, durante o dopo i pasti.
Rimorso svogliato di ogni azione. Ozio-vergogna. Sto qui con il mio cane a consumare il giorno, a godere del vento, con le zanzare di maggio, del sole bruciante che si risveglia e si fa forte. Delle rondini. Che gridano e corrono: in aria e nel cielo, rasoterra e tra le nuvole, dai tetti, sulle piazze. Ho voglia di un gelato dal gusto amaro: che mi divori le labbra; ho voglia di un sorriso ancorato al cuore del mio tesoro, che oggi è lontano. Che me ne faccio oggi di me stesso?! Bastasse il mio cuore per sentire la forza di un abbraccio. Contatto fisico. Una baia di carezze.
So di cosmogonie sommerse dal silenzio.
Vite fa ho risolto di seminare gioia
nell’humus del tempo. Ora nutro
copiosi raccolti di nostalgia.
restano i ricordi del tempo staminale,
quando tutto poteva esistere,
tutto poteva ancora accadere:
mondi onirici e varchi dello spazio-tempo
nella realtà di ogni giorno, nei giochi
dei bambini: nei progetti senza tempo.
Stasera, nonostante tutto,
amo questa casa, questo laptop, questo lavoro…insopportabile.
Stasera, soddisfatto della mia prodiga cena, della tua compagnia, del nostro ciclamino rosso…
Basta poco… per costruire un microcosmo - temporaneamente - inespugnabile!
Ipocrisia, vino, qualche coperta, velata e spregiudicata incoscienza.
spazi vuoti siderali
profondità ombra: rovine
(e qualche triste ed eroica leggenda)
una odissea ogni giorno la stessa
abbandonarti amore per gli uffici del giorno
e tornare da te agognante al tramonto...
per ritrovarmi presto a ricercare me stesso
nella solitudine di un libro nella libertà di un'ora
chiuso nei miei pensieri
e tu chiedi di me mia Penelope e mio Ulisse a tua volta
in un ciclico rincorrersi di frustrazione e amore
e di egoismo umano
nel vortice e nei gorghi noi due
a noi stessi perduti
un posto adatto da cui vedere le rondini
un posto adatto a sentirne i garriti
un posto adatto per restarci in eterno
Corvi costruiscono il nido
Oggi nuvole di pioggia
Erba fresca
Campagna verde forte
Vincoli offuscano
l'orizzonte. Invidio corvi
gracchianti. Che il nido
costruiscono tra le torri.
Pare che un destino ignoto abbia tracciato una rotta infelice
per i nostri bastimenti di promesse d'amore.
Una pietra abbiamo deposto sul nostro
amore immortale. E lo abbiamo
chiuso nel sepolcro
dei sogni caduti, delle carezze
sospese, della routine
logora. Strappando
lentamente i ricordi
più belli. Piombo
pesante, questo cuore stenta
a respirare. Bufalo
colpito dal piombo-veleno
della disillusione. Dal rancore più forte
della risurrezione. Reciproca
punizione in risonanza esplosiva.
Ho deciso di non odiarti. Per non avere altri stretti legami con te.
Ogni errore costa un ammasso di stelle. Nel gelo di queste notti.
Uomo e donna ci hanno creati. Della stessa carne.
Nonostante l'abisso tra i nostri cuori.
Semino fragili semi in terra arida. Con la mia pelle grigia
di ratto, di somaro. Ostento immortalità,
trafugando misericordia.
Fumo mari e mari di libri intelligenti,
che non m'insegnano mai cosa sto sbagliando.
Consumo vino pretto e cioccolato fino,
ma in quantità insufficiente a mantenermi libero,
da ritenermi soddisfatto.
Sicché stanotte che non fa freddo. E pure è inverno.
Io mi sento proprio un osservatore solitario e solo. Fuori posto.
Perdendo ore a vegliare i vivi, io già non umano.
Io già orco. Io reduce. Da una razza estinta.
Troppo pigro e stupido. Per cercare altri mondi.
I.
Nei vermi della terra, nell’ultimo
spietato addio, trova efficace inciampo
il globo luminoso di speranza:
sento cogliermi alle spalle
il gelo di un’ombra eterna
II.
pensieri abbandonati
alla trama del tempo:
disfunzione fatale
del persistente universo:
paralizzato d’orrore
ogni sentimento.
III.
di balbettare a Dio come il lattante,
di succhiare ogni giorno la luce
dell'incoscienza, provvidenziale
meraviglia, provvidenziale antidoto
alla prematura permanenza nelle tenebre.
IV.
preziosa azione delle mani e del pensiero
potenza divina che si fa uomo
potenza del donare
la luce dei giorni
V.
Nella capacità di soffrire
La misura di quello che siamo.
Contro la sofferenza,
Anche il bene più prezioso
Si frange.
Grumo di luce in un istante!
Rabbia. Fretta. Nostalgia. Incapace-inadatto a fare
qualcosa, per non restare randagio tra i randagi.
Nero nelle tenebre. Abbandonarmi – peggiore di
ogni vizio – a questa facilità di dissoluzione.
Speranze. Leggere-lontane. In mezzo al deserto, non
so interpretare i segni. Mi perdo nei miraggi,
assetato. Di false speranze. Arroganti frustrazioni.
Rimorso. E pure gioia-libertà. Ora tutto me stesso.
Ad alto volume. E notti tranquille. Troppo
tranquille-notti: notte calda e fredda notte-solitaria.
Continua decadenza. Io e i tarli.
Vento-tempesta, abbatte via gli alberi. E questo cuore
abituato alla-corsa-alle-salite-alla-soma. Vento-tempesta e abrasiva notte.
Sconvolgi i miei capelli e liberami: dai gorghi, dalle scorie,
dalla salsedine.
Tali perfette monadi di nostalgia
Polimeri macroscopici di solitudine.
amo tornare a casa per questa salita ripida, che
s’affaccia libera sulla valdorcia, sul tramonto, sul
lungomare di colline e castelli. sulle croci e sui
vigneti. sul cielo sterminato. sui voli. sui sogni. sui
morti. sul presente. sui vivi. sulla cena imminente.
sui pensieri del giorno. mentre gli occhi si saziano di
immenso.
I.
Profezia d’estate, corse spensierate.
Immense distese di tempo.
II.
Campagne verdi increspate dal vento:
onde di grano. Capelli di donna. Terra feconda.
III.
Dalle torri di guardia
in compagnia dei corvi,
contemplare i tramonti.
IV.
Aerei a reazione
tracciano il cielo.
Notti calde in abbracci agognati.
Di carne nuda su carne. Il sapore della pelle:
delle labbra bagnate.
Un sole nascente a est delle montagne.
I colori dell’alba
tra micropolveri sospese
nell'atmosfera del centro città:
armature di marmo,
trionfi e altari di riti dimenticati;
tra buste di nylon
e scatole di cartone,
tra parcheggi sonnolenti,
di auto blu e manifesti elettorali,
morire di fame
per strada dispersi
nella marea dei nostri
corpi indaffarati: lavoratori
produttori-consumatori
incazzati, indifferenti
Ho visto uomini venire alle mani
Per il cadavere di un agnello. In offerta al
supermarket.
Era la pasqua.
Abbiamo agito di nascosto contro la comunione dei
nostri mondi, dei nostri pensieri, meritando l’esilio,
la separazione, il gelo della notte.
Tolta l’armatura e il casco astrale
traboccano pensieri
nella gravità artificiale
della mia nave da guerra
Di corsa, a perdifiato, per le strade di campagna.
E così navigare, in questo cielo azzurro.
Aria di pioggia e terra bagnata: un filo d’erba nella culla
del vento.
Pane sale olio
Pane zucchero vino
Acqua frizzante
Il tavolo giallo della cucina
All’ora della merenda
Estate di un’altra vita
Che pareva interminabile
tra pentole e fiamme vive
chiuso nella mia cucina
esperimento alchemìe
di nuove insalate
di fagioli e cipolle
di semi, pinoli
e peperoni al forno!
Il futilefutile perseverare della brezza di caldi pensieri.
L'obiettivo di ogni risveglio sono gli amori che mi
circondano. Pochi intensi e fragili.
Il costo di questa incoscienza.
I fiori che avrei voluto donarti li coltiverò nel mio
cuore. Forse un giorno tu li amerai.
O resteranno un vivaio silenzioso. E solo Dio ne godrà
la bellezza.
i tuoi occhi da idolo,
come le profondità del destino
infecondo;
gorgo bizzarro
di attenzioni,
gocce di luce:
freddi come ghiaccio,
nudo, muto, distillato di cielo.
scheletro fantasma,
spossato dai brividi:
diluvio viscerale;
fuori dall’arca,
ogni illusione di onnipotenza
spasima e annega,
gorgoglia,
freme, si getta a capofitto,
barcolla: una tregua-colomba.
I. 2014.08.21
larve rinascono
da queste caraffe,
sublimazione di aridi semi
e fantasie di farfalle:
bianche
culle
di seta.
II. 2014.08.23
strage di farfalle
I. (ritorno)
gravità costante:
la camera stagna
si apre
e trovo, di nuovo,
la libertà ristretta
della mia stazione spaziale,
dopo una lunga permanenza
nel vuoto rarefatto,
che separa le stelle.
II. (tendendo il bucato in terrazza)
camminare con gli scarponi magnetici
sulla paratia di prua,
signore unico di questa nave di ferro.
Il led della mia alabarda
pulsa sanguigno: cacciatore
di pensieri mutanti!
Tornando a casa, a sera inoltrata,
incontro uno spettro
che osserva sorpreso
il deserto siderale
che divora le strade
Nel cuore alimento
enzimi di serenità
e solventi di incoscienza
corvi-memento
di questa entropia
che avanza.
“Con l’ingegno coll’opera col sangue”
Pagarono il prezzo
Di una fatua libertà
A loro il nome inciso su di un sasso
A noi un’altra genia di astuti tiranni
Ho comprato uno shotgun
ad accelerazione di particelle.
Quando sono triste, lo punto all’orizzonte
e provo a sognarmi come sarebbe,
premendo il grilletto,
disintegrare
un grattacelo alla volta,
una strada alla volta,
un quartiere alla volta...
e, lentamente,
tornare a scoprire
una linea incontaminata di tramonto.
hai forse tu l'antidoto
per questo nero spirito
le stelle che si spengono
l'immensità del nulla
legami che si perdono
in sterile destino
i giorni che finiscono
il solitario oblio
Boreo, vento del nord che fecondi le ninfe.
Raccontami della solitudine al di là del tempo,
e di quell'atto d'amore che dette vita al mondo.
La terra informe danzava nel vuoto
in cerca del calore che le scaldasse il grembo
e la carezza del cielo che lambisce i monti
e la pioggia vivida che bacia il suolo.
Caro mio lettore, ciao! Sono Lorenzo, l'autore di questi testi, di queste "spoken word". Sono nato nel 1977 da due splendide persone: Piero e Loretta, che mi hanno dato la vita e cresciuto con tanto amore. Ho cominciato a scrivere poesie intorno al 1990, partecipando a vari concorsi letterari nazionali ed internazionali. In formato cartaceo, sono usciti: Ombre – Editori del Grifo, 1994, I Giardini di Onar – Editrice DonChisciotte, 1996, Fantasmakìa – Editrice DonChisciotte, 1997, Frammenti di Viaggio – Edizioni Ceccarelli, 2003, Progetti in Mare Aperto – Edizioni Ceccarelli, 2008 e Maelstrom - Edizioni Ceccarelli, 2015.